Ho deciso di non usare la lettera schwa e l’asterisco. Ma alla fine di questo articolo propongo un’alternativa
I due segni, pur avendo lo stesso scopo, l’inclusione, non sono la stessa cosa.
Almeno, lo schwa (scrivo “lo” perché è la versione più diffusa) rispetto all’asterisco, ha il vantaggio di corrispondere a un suono. Inoltre, spesso l’asterisco è associato alla censura o agli omissis.
Fateci caso: quando vi arriva la bolletta del telefono con i dettagli delle chiamate, solo alcune cifre dei numeri sono visibili. Le altre sono criptate e vedete solo degli asterischi. Per conoscerle, dovete inviare una richiesta scritta al vostro gestore.
Quindi, tra i due, meglio lo schwa.
I motivi
Perché non li voglio usare? Innanzitutto, preciso che mi riferisco solo ai miei siti, ai miei blog e alle mie pagine social. Applicando il principio secondo cui “the customer is king”, se un cliente vuole che metta l’asterisco e/o lo schwa nei testi che gli devo scrivere, metto asterisco e/o lo schwa.
Non uso lo schwa perché non è un suono della lingua italiana? No. Se fosse necessario, utilizzerei tranquillamente, ad esempio, il segni ǿ. Proprio ieri (5 ottobre) ho scritto un articolo in cui ho messo Ž, Ö e č.
Non uso questi due segni perché sono maschilista, transfobico e omofobo e non voglio l’inclusione? No. Non mi piacciono le discriminazioni e sono favorevole alla lotta per i diritti civili delle persone di queste categorie. Tuttavia, quei due segni connoterebbero politicamente il sito. E non voglio. Questo non è un sito politico.
Perché in italiano non c’è il neutro? Esatto. Lo faccio perché l’italiano ha due generi, maschile e femminile.
Quando il gruppo è misto, al plurale si accorda al maschile, a prescindere dal numero di maschile.
Massimiliano e Fabrizio sono nati a Milano
Matilde e Astrid sono belghe
Antonio, Ginevra, Francesca, Paola e Maria non sono andati a scuola.
La parola “spettatori” comprende spettatori e spettatrici.
Schwa e asterisco sono la soluzione del problema?
Qualcuno sostiene che tutto questo è discriminatorio. Ammettiamo che sia vero. Dico ammettiamo perché la lingua è un processo spontaneo (se l’italiano genererà il neutro, ben venga).
Tanto che le creazioni a tavolino sono fallite e non tutte le lingue hanno i generi (una su tutti, l’inglese).
In neerlandese, abbiamo due tipi di parole, quelle che vogliono l’articolo de e quelle che vogliono l’articolo het. L’articolo het indica il neutro e il de si usa per le parole maschili e per le parole femminili (come vedete, è lo stesso). In più, ci sono parole che indicano oggetti che vogliono il de e parole che indicano persone che vogliono l’het. Meno male che al plurale si usa solo il de.
Il “problema del maschile plurale” c’è anche in francese e in portoghese (compreso il galiziano) e, credo, anche in spagnolo e in catalano. Che cos’hanno in comune queste lingue? Esatto: sono neolatine, come l’italiano. E forse è per questo motivo che c’è questa regola. Insomma, nessuno l’ha stabilita a tavolino.
Mi potrete obiettare che è l’espressione una cultura patriarcale, misogina, omofoba eccetera e quella Romana lo era (ma in latino c’è il neutro). A questo punto, dovete dimostrare che questo tipo di mentalità c’è solo nei Paesi in cui si parla una lingua che segue questa regola. E che dove non c’è la società è più aperta e più inclusiva.
Se è così, in un Paese molto piccolo come il Lussemburgo (e nella stessa Lussemburgo) convivono due mentalità: quella patriarcale-francofona e quella inclusiva-germanofona.
Comunque, ammettiamo che questa regola sia discriminatoria. Non credo che la soluzione stia nell’asterisco o nello schwa. O, peggio ancora, nell’omettere la desinenza finale.
Prima non ne ho parlato. Alcuni scrivono “Tutt”. A parte che mi ricorda il meccanico di mio nonno. Era marchigiano e parlava togliendo le vocali finali. Non abbiamo mai capito se lo facesse naturalmente o se tentasse di parlare in milanese. Avete presente la scena di Dracula in Tre uomini e una gamba e il modo in cui parla Aldo? Ecco, una cosa del genere.
Inoltre, se togliamo le vocali finali, l’italiano diventa una lingua con le desinenze in consonante e cambia strutturalmente.
Allora, qual è la soluzione? Ve ne propongo tre.
- Usare formule garbate come signore e signori, amiche e amici, studentesse e studenti.
- Utilizzare perifrasi come “Tutte le persone che…” e simili.
- Scrivere i/e Tutti/e. O anche il contrario: tutte/i.
Certo, le prime due rischiano di creare frasi troppo lunghe. Soprattutto la seconda. Ma non mi sembra così grave. Il principio secondo bisogna usare il numero minimo possibile di parole tiene conto del contesto.
Per il terzo, come lo pronunciamo?
Idee:
- Dire “tuttie”, magari allungando un po’ la i
- Dire “Tutti barretta e” o “tutte slash i”.
Se non sapete che cosa sia lo schwa, cliccate qui.
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