La cucina e la scrittura si assomigliano e sono legate. In che modo?
CHE COS’È LA CUCINA IN UNA REDAZIONE?
Partiamo da un’espressione: cucina. Premessa doverosa: non appartiene soltanto al lessico editoriale.
Tuttavia, ci limitiamo a vedere il significato che ha assunto in questo ambito.
Nelle redazioni, soprattutto in quelle dei giornali, il lavoro di cucina riguarda la revisione e la modifica degli articoli, perlopiù altrui (nelle piccole redazioni può succedere di sistemare i propri pezzi). In soldoni, si correggono gli errori e i refusi, si accorciano e si allungano gli articoli, si mettono i titoli, i titoletti, le immagini, le didascalie. A volte si apportano delle modifiche strutturali.
Negli anni in cui ho lavorato in un giornale ho fatto tanta cucina. Ma ho anche scritto tanti articoli. Fare cucina è utile per imparare a scrivere.
Per farla bene, non si deve appartenere alla categoria di persone che pensa che conti solo il contenuto.
Saper scrivere può aiutare a fare cucina ma occorre essere umili e capire che anche certi elementi sono importanti. Ad esempio, le virgole e il verso degli accenti.
Certo, mettere la virgola tra soggetto e verbo o commettere errori di ortografia e di sintassi è più grave che scrivere perché con l’accento grave, concordo.
SCRITTURA E CUCINA
Ci sono altri punti di contatto tra la scrittura e l’arte culinaria. Innanzitutto, in entrambi i settori bisogna avere come obiettivo principale la gradevolezza: a chi mangia e a chi legge deve piacere il prodotto.
Entrambi devono trarre beneficio da quello che fate. È vero, esistono i fast-food. Ma esiste anche la letteratura di serie B (e C, D, E…). Non ho scritto cibo spazzatura o junk food perché non voglio demonizzare nessuno.
E poi, ogni tanto un crisby lo possiamo concedere. Come possiamo concederci di leggere libri di livello basso. Anche in questo caso, una volta ogni tanto. Facciamo un libro scadente ogni tre panini del fast food.
Però, secondo me, c’è una differenza (almeno, per quanto mi riguarda): mangiare un cibo non proprio salutare mi dà più soddisfazione che leggere un libro di qualità bassa.
Non si dice, inoltre, che i libri nutrono l’anima? A volte ho sentito dire, a proposito di testi, che avevano dentro tanta (o poca) ciccia.
Quando andiamo al ristorante, non ci interessano le tecniche che ha utilizzato il cuoco. Magari poi guardiamo il video in cui Cracco spiega come fa la pasta al pomodoro oppure le trasmissioni di Sonia Peronaci.
Però al ristorante vogliamo mangiare, possibilmente bene. Qualcuno obietterà: se vado in un posto dove cucinano con il vapore, la tecnica mi interessa. Risposta: ti interessa il fatto che sia cotta al vapore, non vedere i vari passaggi del procedimento.
Anche quando il maître descrive le tecniche ai clienti, in quanti lo ascoltano con attenzione? Magari mi sbaglio.
Invece, credo di non sbagliarmi se dico che tutte le tecniche e le figure retoriche che usiamo quando scriviamo servono solo a rendere il testo più accattivante. Se a qualcuno non piace quello che ho scritto, non posso dirgli: “non capisci niente! Non vedi che ho usato la litote?”. Semmai, un lettore attento e colto se ne può accorgere.
Per inciso, la litote è una figura retorica che consiste nel mettere in risalto qualcosa negando il suo contrario. Il Canada non è piccolo.
Con questo voglio dire che i clienti hanno sempre ragione? No. Intendo dire che è non è utile contrapporre argomentazioni che per loro non hanno valore. E giustamente. Questi sono solo strumenti. Sono mezzi, non fini.
Analogie tra scrittura seo e cucina
Anche la scrittura seo oriented ha qualcosa che accomuna la cucina. Innanzitutto, credo che la parola chiave debba essere trattata come il sale (o lo zucchero nei dolci): non deve mancare ma non bisogna esagerare. Tra l’altro, mi sono accorto che non tutti masticano la seo. La scelta della parola masticare è oculata.
Checché ne dicano alcuni esperti, non esiste un modo solo di scrivere un testo. Come non esiste modo solo di cucinare un piatto.
FOOD BLOGGER, CHEF E LIBRI
E possiamo dimenticare food blogger, siti e giornali a tema cibo, rubriche di cucina? No, naturalmente. ù
E i libri? Forse è qui che si vede in modo completo il rapporto stretto che c’è tra scrittura e cucina. Dobbiamo fare una distinzione.
Abbiamo i ricettari e secondo alcuni il primo libro (o uno dei primi) che ha contribuito alla diffusione della lingua italiana è stato quello di Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Oggi, molti chef stellati scrivono ricettari. Qualcuno aggiunge ricordi personali. Ho scritto molti perché tutti mi sembrava rischioso: e se qualcuno non lo ha fatto? Non so neanche se qualcuno di loro abbia scritto libri non di cucina.
Abbiamo i racconti e i romanzi. E potremmo aggiungere film, canzoni e opere teatrali. A sua volta questa categoria si può suddividere in:
Opere in cui il cibo compare nel titolo o ha un ruolo da protagonista.
Opere in cui il cibo è presente ma non è protagonista (però può essere importante).
Per esempio, in una strofa di Creuza de ma De André nomina una serie di piatti. Invece, A cimma è il titolo di un’altra sua canzone e il nome di una pietanza genovese. Il brano parla proprio di uno che cucina questa specialità. De Andrè lo ha scritto insieme a Fossati. Fa parte dell’album Le Nuvole.
La lista delle opere dell’uno e dell’altro gruppo è lunga e in Rete potete trovare i titoli. Soprattutto di quelle nel cui il titolo compare un cibo (o una bevanda). O il concetto.
Ne vorrei citare solo uno: Foodification, perché è critico e distopico. Vi sarete accorti che il nome riecheggia il neologismo gentrificazione.
Opere in cui il cibo è presente ma non è protagonista (però può essere importante)
Magari è più utile se ne faccio una di quelle in cui il cibo e presente, magari anche con un ruolo significativo, ma non c’è nel titolo.
- Iliade;
- Odissea;
- Cambiare l’acqua ai fiori;
- Le 120 giornate di Sodoma;
- Metafisica dei tubi;
- Acido solforico;
- Igiene dell’assassino:
- Pulp Fiction;
- Le Iene Salò o le 120 giornate di Sodoma;
- Matrix;
- Il furto della Divina Commedia. Un’indagine di Fausto Lorenzi;
- Il moro della Vedra;
- Io tigro tu tigri egli tigra.
Come si può notare, ce ne sono due di Amélie Nothomb (Metafisica dei tubi, Acido solforico e Igiene dell’assassino).
La scrittrice belga ha dichiarato di mangiare solo una volta al giorno perché la fame le acuisce i sensi e di mangiare solo cibo . In un libro, Biografia della fame, parla del periodo in cui rifiutava il cibo e dell’importanza della fame nella storia e dell’umanità e nello sviluppo delle civiltà.
Invece, Il furto della Divina Commedia Un’indagine di Fausto Lorenzi è un romanzo di Crapanzano il cui protagonista non è Arrigoni ma l’ispettore Lorenzi, non molto abile ai fornelli e poco propenso al peccato di gola.
È interessante perché in una scena Crapanzano fa mangiare a Lorenzi e alla sua futura fidanzata, Rossana, dei toast, che ai tempi erano una novità.
La vicenda si svolge nella Milano degli anni ’50.
SCRITTORI E PUBBLICITÀ
A proposito di toast, panini eccetera, lo sapete che il termine tramezzino è stato coniato da D’Annunzio?
Fascismo e parole vietate
A questo punto, è necessario ricordare che tanti termini imposti dal Fascismo riguardavano il cibo e le bevande: insalata tricolore (insalata russa), polibibita o bevanda arlecchinna (cocktail), lombo di bue (roast beef), castagna candita (marron glacè).
Artisti e pubblicità di cibi e bevande
Il Vate è stato uno dei tanti scrittori che hanno prestato la propria penna alla pubblicità. Ma visto che questo articolo verte sul tema scrittura e cucina e cibo, restringo il campo.
Olio
Ad esempio, la Sasso, quella dell’olio, aveva una rivista aziendale, La Riviera Ligure, su cui scrivevano autori come Camillo Sbarbaro (che forse era un mio antenato), Saba, Ungaretti, Palazzeschi, Pirandello, Pascoli. Quest’ultimo ribattezzò il giornale Rivista dell’Olio e pubblicò qui per la prima volta L’inno all’olivo.
Bitter
E poi, De Pero, che ideò la bottiglietta del Campari Soda, che è quella che c’è ancora, e lo slogan “Non chiedete un bitter, chiedete un Campari Soda”.
PUBBLICITARI E SCRITTURA FICTION
E poi ci sono i pubblicitari che hanno scritto romanzi e altro. Come Crapazano Visto l’argomento dell’articolo, nomino Romano Bertola perché El Merendero e Miguel Son Mi (entrambi per la Venchi), lo slogan “Fiesta ti tenta tre volte tanto” e Jo Condor (anche questo per la Ferrero) li ha creati lui. Si vede che gli piaceva il cioccolato. È sua anche la Mariarosa della Pane Angeli.
Ha scritto anche due libri di aforismi, Le caramelle del Diavolo e Includetemi fuori, un romanzo, La stanza delle mimose, con cui ha vinto il Premio Cesare Pavese ed è tra gli autori di Carletto e di atri brani. Ha scelto anche altri libri ma mi fermo qui.
SAGGISTICA E LEZIONI
Abbiamo i trattati come La Fisiologia del gusto di Brillat Savarin e i pamphlet come La repubblica dei cuochi di Guia Soncini.
Ci sono i corsi per diventare food writer o food blogger.
SCRITTURA E CUCINA/2
Ritorniamo al ristorante. Alcuni menu contengano descrizioni che hanno lo scopo di essere emozionali.
Meglio che non contengano errori. Io alcuni li tollero ma altri no. Ad esempio, detesto quando trovo scritto caipirinha con la ñ come se fosse una parola spagnola: ci vedo molto di più di un refuso o della conseguenza di un’ignoranza.
Parole magiche che fanno vendere più cibo
Inoltre, facendo un discorso generale, alcune parole chiave possono spostare le decisioni di molte persone. Eccone alcune:
- biologico;
- chilometro zero;
- italiano;
- senza (elemento dannoso o ritenuto dannoso);
- naturale/naturali;
- galline allevate a terra;
- filiera corta;
- certificazione;
- trappista;
- artigianale;
- cascina;
- del territorio;
- equosolidale.
Anche l’anno di nascita di un’azienda può costituire un plus.
CONCLUSIONE
Inoltre, cucina e scrittura si assomigliano perché il cuoco e l’autore devono creare un prodotto equilibrato e gradevole partendo dagli ingredienti. Entrambe devono tenere conto del pubblico di riferimento; entrambe possono essere classiche, creative, sperimentali; entrambe, infine, possono raccontare un territorio. Dal rione in cui si trova una trattoria alle Hawaii. Mescolando, anche.
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